Islanda

Un viaggio breve, ma indimenticabile. L’Islanda ha impressionato mio padre per la sua natura estrema e quasi aliena, per quella forza primordiale che solo alcuni luoghi al mondo possono ancora vantare di mantenere intatta, incontaminata.
Fatta eccezione per la parte introduttiva e per la parte finale di commento che erano incluse nel testo originalmente pubblicato da Giuseppe, mi sono permesso di completare la narrazione del racconto di viaggio, composto più che altro da foto e qualche commento di mio padre sulla base del quale ricostruisco la narrazione.

Abbiamo visitato l’Islanda – tour proposto da Terre Polari – da lunedì 6 agosto a lunedì 13 agosto 2012. In realtà, grazie ad un viaggio aereo mal organizzato, i giorni a nostra disposizione sono stati cinque, da martedì a domenica.
Siamo partiti da Milano Malpensa alle ore 23.40 di lunedì 6 agosto e siamo giunti a Reykjavík alle quattro del mattino – le 2.00, ora locale – dopo aver aggiunto al viaggio aereo i circa tre quarti d’ora di auto dall’aeroporto di Keflavik.
Per ritornare in Italia siamo partiti alle 6.00 del mattino di lunedì 13 agosto da Reykjavík per prendere il volo da Keflavik delle ore 8.30. Siamo giunti alle 13.25 a Copenhagen per ripartirvi alle ore 16.55. Siamo giunti, un po’ stanchi e scocciati a Milano Malpensa alle ore 19.00. Ci siamo infastiditi ancor di più quando abbiamo appreso che nel pomeriggio dello stesso giorno era possibile il volo diretto Keflavik/Malpensa che ci avrebbe consentito una mattinata di riposo, la visita di Reykjavík, nonché un volo più breve.
La sistemazione in guest houses o in rifugi, anche se non sempre delle migliori, è stata comunque accettabile. La guida, ottima e sempre paziente e disponibile, i luoghi stupendi visitati, l’utilizzo per gli spostamenti di un comodo pulmino e non di un inquinante suv, e da ultimo, il costo leggermente più ragionevole di quello proposto da altre agenzie, hanno fatto di questo viaggio un’esperienza indimenticabile.

Il nostro itinerario

La nostra avventura islandese comincia a Reykjavík, sotto il beneagurante saluto di Leif Erikson e un po’ meno beneagurante cielo plumbeo.

La chiesa di Hallgrímur, costruita a foggia della cascata di Svaritifoss (al contrario).

Le strade del sud dell’Islanda sono più facilmente percorribili rispetto a quelle del Nord, ma ci mettiamo presto in viaggio per la prima tappa, le Fumarole a Krysuvik-Seltun. Nello stesso giorno visitiamo il Lago di Grænavatn e le calde acque di Hveragerði.

Il sentiero che porta alle fumarole.
La sponda del Lago di Grænavatn.

Visitiamo anche l’impressionante cascata Seljalandfoss, la Cascata Liquida, alta 54 metri. Camminare dietro alla cascata, sul sentiero roccioso bagnato, completamente avvolti dal rombo della cascata, da l’idea della potenza immensa di questa natura islandese.
Rimane uno dei luoghi più visitati d’Islanda e, a capitarci nel periodo di affluenza turistica, si rischia di trovarsi un po’ accalcati.
Per fortuna Merlino, la nostra brava guida, conosce anche i posti meno conosciuti e ci accompagna dentro ad un’apertura rocciosa, non troppo distante dalla grande cascata di Seljalandfoss.
Ci lasciamo alle spalle il turismo di massa e entriamo in questo anfratto roccioso. Quel che troviamo è incredibile, Glufrafoss, la cascata nascosta.

L’ingresso della grotta.
Glufrafoss.

Il nostro viaggio prosegue verso est, lungo la costa. Ci lasciamo alle spalle i campi di cotone artico; a mano a mano che avanziamo, il paesaggio cambia completamente. Scopriamo coste rocciose e prati verdi, fari a picco sul mare e incontriamo le caratteristiche pulcinelle di mare. Siamo a Dyrhólaey, uno dei punti più a Sud dell’isola.

La scogliera della penisola di Dyrhólaey.
Una pulcinella di mare ci da forse il benvenuto nella sua terra.

Accanto alla penisola, si adagia la famosa Reynisfjara, la Spiaggia nera. Vicina, la città di Vik ci accoglie con le sue poche casette bianche e la chiesa, sulla cima della collina.

La spiaggia nera di Vik.

Proseguiamo nell’entroterra, verso un altro incredibile prodigio naturale, la cascata Skogafoss, alta 62 metri. Siamo saliti sul suo fianco per costeggiare il fiume Skógaá che la genera lungo un pendio di circa 700 scalini. La cascata più grande e famosa è solo una delle 24 cascate che si trovano lungo il corso del fiume Skógaá. Il paesaggio qui è incredibile.

Skogafoss
Il dorso della montagna assomiglia ad un quadro astratto.

Fa quasi freddo e piove ma noi andiamo ugualmente a Seljavallalaug a fare il bagno nelle acque calde che scendono dalla montagna, quindi raggiungiamo Hvoll, dove ci aspetta l’ostello in cui passeremo la notte.

Il cotone artico.
Immancabile pecora, nel verdissimo prato islandese.

Visitiamo il giorno seguente i resti del ponte di Skeiðarársandur, il sandur più vasto del mondo. Il Sandur è una vasta distesa di sabbia generata dal trasporto di detriti da parte di un fiume glaciale. Il ponte, con i suoi 904 metri era il più lungo d’Islanda. Venne travolto nel 1996 da una valanga causata da una esplosione vulcanica avvenuta sotto il ghiacciaio Vatnajökull.
Proseguiamo quindi per Svartifoss, la cascata da cui si è preso spunto per realizzare la cattedrale di Reykjavík, Allgrìmskirkja.

Il paesaggio desolato dello Skeiðarársandur.
Svartifoss

In questa sequenza di luoghi incredibili, quello che ci accoglie il giorno seguente riesce a lasciarci comunque senza fiato; visitiamo il ghiacciaio di Vatnajökull. Saliamo in alto, a piedi, fino alla veranda di Sjónarnipa.

Vista da Sjónarnipa.
La lingua di Vatnajökull che scorre verso il fondo valle.
Trekking sul ghiacciaio.

Continuiamo fino al lago Fjallsárlón che si riempie degli enormi iceberg che si staccano dal ghiacciaio.

Iceberg, ghiacciaio in lontanza.
Il lago Fjallsárlón.
Gli Iceberg vengono spinti sulla spiaggia nella laguna di Jökulsárlón.

Pernottiamo in una guesthouse a Gerdi.
Il giorno seguente, procediamo verso Landmannalaugar, nel mezzo di un altipiano con strade sterrate e numerosi guadi da attraversare. Da Landmannalaugar parte uno dei trekking migliori al mondo. Noi lo abbiamo seguito per circa 4 ore, verso la cima del vulcano Brennisteinsalda, alto 855 metri, il monte più colorato d’Islanda.

L’altipiano di Landmannalaugar.
Brennisteinsalda, la montagna colorata.

Abbiamo poi raggiunto le calme acque del lago di Aftavatn, vicino ad antiche colate di lava e quindi un altro lago, quello nel cratere Ljotipollur.
Abbiamo pernottato in casette di legno poco distanti.
Il giorno seguente ci siamo mossi verso il vulcano Hekla, la porta dell’inferno, tuttora attivo.
Ultimamente ha eruttato nel 1980, nel 1991 e nel 2000. Il suo nome significa “incappucciato” perché sempre avvolto da nuvole.

Lo cita Giacomo Leopardi nel Dialogo della natura e di un islandese.

« Né potea conservare quella tranquillità della vita alla quale erano rivolti i miei pensieri: perché le tempeste spaventevoli di mare e di terra e ruggiti spaventevoli del monte Ecla […] non intermettevano mai di turbarmi. »

Lago di Aftavatn.
Ljotipollur, il lago nel cratere.
Il Vulcano Hekla.

Proseguiamo in lande desolate, fino a raggiungere un’altra spettacolare meta: lee maestose cascate di Gullfoss, la cascata d’oro detta anche regina delle cascate d’Islanda è prodotta dalle acque del fiume Hvítá.
L’imponente massa di acqua, dopo due salti, uno di 11 metri e l’altro di 21 metri, si getta in una stretta e profonda gola.
Visitiamo quindi il Geysir di Strokkur. Collocato a pochi passi dal più famoso dei geysir, quello che chiamato Geysir diede il nome a tutti gli altri e che ora non più attivo – incredibile a dirsi – perché ostruito dai sassi gettati dai turisti nel corso di molti anni. Il getto di acqua fuoriesce da Strokkur ogni sette/nove minuti circa e raggiunge altezze considerevoli.

Uno dei momenti più belli da vedersi è la formazione di una bolla azzurro/verde/turchese che si forma per brevissimi secondi appena dopo l’ultimo borbottio della pozza e appena prima dell’esplosione verso l’alto del getto di acqua.
Il getto ci sovrasta e vola verso cielo pumbleo sopra di noi.

Siamo all’ultima tappa del viaggio, il Parco Nazionale di Þingvellir – in islandese Þing, parlamento, e vellir, pianura – è uno dei luoghi più importanti della storia islandese.
Nel 930 d.C. vi si riunì l’Althing probabilmente il primo parlamento del globo. Nel 999 vi si decretò che il cristianesimo sarebbe stata l’unica religione dell’isola. L’Althing si teneva nella gola di Allmanagjà, che significa “gola di tutti gli uomini”, lunga circa 5 chilometri. Le pareti scoscese della gola miglioravano l’acustica senza provocare una fastidiosa eco.  Il luogo ha davvero qualcosa di magico. È collocato proprio sopra la fossa tettonica islandese, il punto cioè in cui la zolla europea e quella americana si allontanano e per questo motivo sono frequenti i terremoti. In pratica è un campo di lava incastonato fra due falesie parallele.

CONCLUSIONE (dal testo originalmente pubblicato)

La natura viva, la sua potenza sovrastante tutto quel che sa di umano, è ciò che ho percepito immediatamente visitando l’Islanda.
I colori forti e intensi della sua terra; il vento che in pochi minuti spazza via nuvoloni neri e densi lasciando libero il cielo azzurro e l’attimo dopo li riporta improvvisi a minacciare acqua e tempesta; i vapori caldi che escono dalla terra e come nuvole l’avvolgono odorando di zolfo; l’acqua calda che forma pozze e laghetti in cui immergersi nonostante il freddo dell’aria; le cascate, con le loro vertiginose altezze da cui rovesciano enormi masse d’acqua; i vulcani sempre attivi, affascinanti a guardarli da lontano e i ghiacciai enormi, da cui si staccano immensi pezzi di ghiaccio che scorrono sulle acque di laghi e poi di fiumi, fino a giungere al mare e sulle spiagge.
Gli uccelli buffi chiamati pulcinelle danno l’impressione di non essere del nostro pianeta. E che dire delle pecore con le corna che brucano erba sole o in piccolissimi gruppi, in vastissimi spazi aperti. Che ne è dei greggi in cui si raggruppano a casa nostra? E perché ve ne sono tante nere?
E le case, rare e sparse in un vuoto d’uomini tremendo, sono coperte di lamiera, come i loro tetti, – anche quelle viste nelle cittadine – a significare, ai miei occhi, la grande precarietà e transitorietà di tutto ciò che è umano. In questo senso, l’immagine più significativa vista durante il viaggio è ciò che è rimasto del ponte più lungo d’Islanda: un semplice rottame di ferro nel più grande sandur del mondo.
Il transeunte è ciò che domina l’Islanda e me lo conferma anche la sua arte.
Nell’Edda di Snorri si racconta della fine del mondo e persino della morte degli dei. E i poeti ci parlano dei valori dell’uomo come fossero nullità rispetto la forza della natura, del sole o del vento.
Quel che di questo viaggio mi è dispiaciuto oltre al fatto di aver camminato poco, è di non aver conosciuto nessun uomo o donna d’Islanda.

Consoliamoci con i suoi poeti.

Snorri Sturluson (1178-1241) – Storico, poeta e politico. Scrisse l’Edda in prosa, un testo sulla mitologia norrenica. Il brano è tratto da Edda – a cura di Giorgio Dolfini – Adelphi 2011 – pagg. 116/119

Allora disse Gangleri:”Che cosa c’è da narrare sulla fine degli dei? Di ciò io non ho ancora udito nulla”.
Hár dice: “Cose grandi ci sono da narrare e molte. E prima che un inverno verrà, chiamato Finbulvetr, il grande inverno, allora turbinerà la neve da tutti i punti cardinali, il gelo sarà grandissimo e aspri i venti. Il sole non avrà più forza. Tre inverni si seguiranno e tra essi non vi sarà estate. Ma ad essi precederanno tre altri inverni in cui vi saranno per tutto il mondo grandi lotte: allora i fratelli si abbatteranno l’un l’altro per avidità e nessuno risparmierà i padri o figli nell’assassino e nell’incesto. […]
Accadrà poi qualcosa che può ben essere considerato immane: il lupo ingoierà il sole e ciò apparirà agli uomini una grande sventura. Poi l’altro lupo carpirà la luna e pure recherà gran rovina. Le stelle cadranno dal cielo. Avverrà poi che la terra intera tremerà e i monti rovineranno e tutti i vincoli e le catene si spezzeranno e si infrangeranno. Allora il lupo Fenrir sarà libero. E il mare inonderà la terra, poiché in esso il serpente di Midhgardhr si divincolerà nella sua furia iotunica per raggiungere la terra. […]
Thór sarà l’uccisore del serpente di Midhgardhr e s’allontanerà da quel luogo di nove passi, poi cadrà a terra ucciso dal veleno che il serpente gli avrà soffiato addosso durante la lotta. Il lupo ingoierà Ódhinn, questa sarà la sua morte.

Jónas Hallgrímsson (1807-1845) è un poeta islandese fra i maggiori di ogni epoca e luogo

Il contadino nel tempo fradicio
Dea della pioggerella
che guidi i tuoi
carri di nebbia
lungo i miei campi!
Mandami un po’ di sole
e sacrificherò
la mia mucca, mia moglie
la mia cristianità!

Thor Vilhjalmsson (1925-2011) è il più grande poeta contemporaneo islandese

Il vento
Lasciate che il vento vi prenda
Sopra il suo grande albero deserto
Vi faccia restare nel gorgo delle foglie
Vi scaraventi giù per non spezzarvi
Contro le nuvole nere
Quando la luna le orla di solido argento
Conducendole via furiosamente
E in solitudine estrema